In questa tortura un topo veniva chiuso con un secchio di metallo spora la pancia del povero malcapitato. Successivamente veniva scaldato il secchio di metallo, in modo tale che il topo, una volta raggiunte temperature insopportabili, fosse portato a cercare una via di fuga scavando attraverso la pancia della vittima. Una versione meno sofisticata di questa tortura prevedeva l’inserimento diretto del topo all’interno di uno degli orifizi del corpo umano, con la testa rivolta verso l’interno e come se non bastasse, successivamente l’apertura in questione veniva cucita. Così il topo, anche in questo caso, cercando affannosamente una via d’uscita graffiava e rodeva le carni e gli organi della vittima.
Si trattava di una morte lenta e altamente dolorosa.
Questa tortura vede la sua nascita nel periodo della Santa Inquisizione, usata per cercare di estorcere confessioni o per torturare presunte streghe e stregoni.
Secondo alcune fonti, questa tortura è ancora in uso soprattutto fra i membri di alcune mafie, usata soprattutto per estorcere delle confessioni dal malcapitato. La vittima infatti, parlando per tempo permetterebbe la rimozione del secchio, la fuga del ratto e la sua sopravvivenza solamente con alcune feriti.